L’isola come metafora

Un’isola fatta di enigmi, di silenzi e verità nascoste

La Sicilia non è mai solo la Sicilia e il suo fascino è misterioso: un’attrazione inconscia e magnetica, che nasce

dentro al viaggiatore.

E’ metafora perché ciò che vi accade è vero ovunque — solo che qui accade in modo più chiaro, più

nudo, più emblematico.

È per questo che autori come Brandi, Goethe, Bufalino, Consolo — pur così diversi — l’hanno sentita come un

luogo “totale”, dove la realtà si trasforma in racconto, e il racconto in rivelazione.

È una scena, una lente, un pretesto.

Dietro i vicoli assolati, le piazze immobili, le chiese barocche e i muri di tufo si cela qualcosa di più:

un’inquietudine morale.

Un interrogarsi continuo sull’uomo, sul potere, sulla giustizia.

“La Sicilia è metafora”, scrive Sciascia. Non è solo una terra geografica, ma una rappresentazione delle grandi

dinamiche del mondo: il potere e l’abuso di potere, il silenzio e la verità taciutà, la bellezza e la corruzione, il

senso del destino, della colpa, della dignità. In Sicilia si vede il mondo concentrato, amplificato , simbolico.

Ogni cosa diventa allegoria ,diventa specchio.

E nel dirlo, spalanca uno spazio dove i fatti si fanno simbolo, e i simboli diventano casi umani.

Nel suo racconto più celebre — Il giorno della civetta — un maresciallo forestiero cerca la verità in un luogo

dove tutti tacciono.

Ma il silenzio non è solo omertà: è un linguaggio. È un codice.

La Sicilia è una terra dove tutto sembra eterno, eppure ogni cosa si muove — lentamente, in controluce.

È anche per questo che chi soggiorna in Sicilia sente che qualcosa gli resta attaccato addosso.

Non è sabbia. È un dubbio. E’ voglia di sapere di più .

Perché in questa terra, anche il ritorno è un enigma.